La Risaia del Capostipite
In cima al pinacolo più alto della Torre Aerea, un’architettura che sfida sia la gravità che il buonsenso, Xornobe Palazzo siede, il Capostipite. Il Vento, il suo elemento, non è solo aria che soffia; è un coro selvaggio che danza attorno alla guglia di cristallo, sollevando appena la stoffa sgargiante del suo abito. Il suo sguardo è una gravità concentrata, in netto contrasto con l'aspetto irriverente che ostenta.
"Ascolta me," sussurra Xornobe, e la sua voce non è un suono. È una vibrazione sottile, un ordine che non può essere ignorato, che accarezza le tegole del tetto.
Uno stormo di uccelli, osando volteggiare troppo vicino, smette di volare. Sono congelati a mezz'aria, statue di piume sospese, la loro volontà fermata dal Marchio della Voce.
Eccellente. Perfetto.
Un sorriso lento, malizioso, si allarga sulle sue labbra truccate. È il preludio a quella risata folle, l'arma che i suoi nemici temono più di ogni minaccia aperta. La Voce non è solo un potere; è la chiave per piegare l'esistenza stessa. E Xornobe ne è il maestro indiscusso.
Un comando ben piazzato è più forte di mille fulmini Kirshanth o di un milione di pugnali Aker'atlan.
Egli traccia mentalmente i suoi giochi politici, la rete intricata che tesse. I Boncour, con la loro stanca, decadente immortalità, sono burattini facili da indirizzare. I Kirshanth si consumeranno in faide autodistruttive se solo lui sussurrerà il giusto complotto. E i suoi alleati? Gli Aatma, spirituali e letali, aspettano in comunione, pronti ad agire quando la sua Voce darà il segnale corale.
Xornobe si alza. La sua figura si staglia contro l'immensità del cielo. Lascia che la sua risata si espanda: forte, acuta, priva di gioia, una vera e propria arma sonora che fa tremare ogni vetrata della città sottostante.
Xornobe Palazzo. Il burattinaio. Il dominatore.
"E ora," dice, e l'aria vibra con la forza del suo comando silenzioso. "Che la realtà mi offra il prossimo divertimento. Esigo un palcoscenico più grande."
È in quell'istante che il firmamento si lacerà.
Non è il suono di un tuono. È il rumore metallico di una tela squarciata da un colpo secco e preciso. Proprio sopra di lui, l'azzurro familiare si increspa, come l'acqua mossa da un sasso gettato dagli Dèi.
Una fenditura appare, gigantesca e grottesca, una ferita cosmica sull'iride del mondo. È nera, ma non il nero del vuoto; è un nero che succhia la luce, un abisso che grida Decadimento. Per un attimo, Xornobe sente il riverbero del Marchio Aker'atlan, moltiplicato all'infinito, e trema.
Il Capostipite smette di ridere. I suoi occhi furbi si stringono in un'espressione di pura, terrorifica curiosità.
Lo squarcio non è statico. Si dilata, e attraverso i suoi bordi lacrimati, la realtà inizia a sanguinare. Non è la fine di questo mondo, non ancora. È la convergenza di tutti gli altri.
Xornobe vede filamenti di altre esistenze: un cielo verde acido, una galassia che pulsa come un cuore violaceo, l'ombra di città titaniche costruite su ossa fossili. Intere dimensioni, rette da leggi fisiche aliene, stanno collassando, tirate verso un unico, insostenibile punto di contatto proprio sopra la sua torre.
La fine? No.
Si tocca l'orecchio, dove un orecchino d'oro a forma di beffarda mezza luna luccica. Questa non è la fine, ma la più grande minaccia e, per la stessa misura, la più grande opportunità mai apparsa nella storia delle Famiglie.
Il suo Marchio si infiamma, non per dare un comando, ma per assorbire l'immane potere e la conoscenza che emanano dalla fessura.
Deve capire. Deve dominare. Non solo questo mondo, ma tutti i mondi.
"Che la partita abbia inizio," sussurra, e questa volta la sua risata torna, non più sadica, ma vorace, il suono della conquista.
La genetica e le mutazioni sono state la via per uscire dai cataclismici tempi passati e dalle ceneri di un mondo distrutto è sorta una nuova civiltà dominata da dieci potenti famiglie che si spariscono il potere, le ricchezze e le tecnologie più avanzate. L'intera società è basata sul potere genetico individuale, sulla base del quale sono sorte le classi mutanti, ovvero delle vere e proprie caste sociali